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Storia della Psicologia Umanistica: la vita di Carl Rogers

02-03-2023 12:05

Nicola Sensale

ASCOLTO ATTIVO E COUNSELING,

Storia della Psicologia Umanistica: la vita di Carl Rogers

Scoprire la storia della Psicologia Umanistica e di uno dei suoi maggiori esponenti: Carl Rogers.

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All'inizio del XX secolo, il comportamentismo (nato nel 1913 con Watson) era la corrente della psicologia con la maggiore affermazione.

 

La prospettiva comportamentista riteneva che il comportamento fosse l'unico fenomeno osservabile legato ai processi mentali e pertanto era l'unica area di cui la psicologia doveva occuparsi. 

 

I comportamentisti, in disaccordo con la psicoanalisi, non credevano che fosse di alcun valore studiare pensieri, memoria, emozioni o qualsiasi altro processo non obiettivo, non visibile e per tale ragione, non verificabile. 

 

La psicoanalisi d’altra parte si sviluppa nello stesso periodo del comportamentismo.

 

Gli analisti freudiani ritenevano che i fenomeni osservabili erano solo la manifestazione superficiale degli impulsi inconsci.

 

Essi presumevano, come il loro maestro predicava,  che i pazienti non capivano le reali motivazioni del loro comportamento perché nascoste a loro stessi (inconsce), e quindi il loro approccio terapeutico era quello di aiutarli a scoprire le nascoste urgenze che determinavano il comportamento.

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Negli anni '50 un gruppo di psicologi americani ha cominciato a sviluppare una prospettiva teorica molto diversa sia dal comportamentismo sia dalla psicoanalisi.

 

L'umanesimo in psicologia è nato proprio come reazione a queste forze dominanti nella psicologia, trovando sostanza non nel tecnicismo positivista dei comportamentisti o nel determinismo psichico della psicoanalisi, bensì nella filosofia classica, nell’esistenzialismo, fenomenologia e romanticismo, correnti di pensiero che ponevano tutte l’uomo inteso come “humanitas” al centro dell’interesse dello studioso, l’uomo inteso come essere senziente (consapevole) e capace di auto-realizzazione (self-realisation), ovvero di sviluppo psicologico, intellettuale ed etico intenzionale, libero e auto-determinato. 

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La psicologia umanistica soltanto nel 1971 venne ufficialmente riconosciuta come branca della psicologia dalla American Psychological Association (APA).

 

Gli psicologi, come Carl Rogers, Abraham Maslow, Rollo May, Clark Moustakas e Charlotte Buhler, sono stati i protagonisti nella definizione dei principi fondamentali dell'umanesimo. 

 

In una serie di incontri e conferenze tra gli anni '50 e i primi anni '60 essi diffonderanno l’esistenza di questa “terza forza” della psicologia, ponendosi in una prospettiva completamente nuova per quanto riguardava l’approccio al paziente e alla cura della persona, prospettiva che cercava di:

 

onorare l'intero essere umano come cosciente, intenzionale 

e capace di creare significato nella vita. 

 

Ancora una volta, questo era in contrasto con il behaviorismo, che si è concentrato esclusivamente sul comportamento e sulla psicoanalisi, che non credeva che l'uomo fosse pienamente consapevole delle proprie motivazioni.

 

La psicologia umanistica tenta di aiutare ogni singola persona a raggiungere il suo pieno potenziale.

 

Sostiene che le persone sono fondamentalmente buone.

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La psicologia umanistica è storicamente significativa per il suo focus sulle buone qualità e sulla florida delle persone, invece che ricercare le caratteristiche sotto-norma o psicologicamente insensate.

 

La Psicologia Umanistica è  dunque rivolta a comprendere l’essere umano ed enfatizza una visione fenomenologica dell’esperienza, promuovendo gli aspetti sani e mettendo in secondo piano quelli patologici. (Fuiano).  

 

I principi fondamentali dell'umanesimo comparvero in quel periodo nel Journal of Humanistic Psychology e possono essere riassunti come segue:

 

  • Un essere umano è più che una somma delle sue parti. Dovrebbe essere considerato in modo olistico, non riduttivo.
  • Il comportamento di una persona è influenzato dal suo ambiente. Le interazioni sociali sono fondamentali nello sviluppo di un essere umano.
  • Le persone sono consapevoli della loro esistenza, cioè sono coscienti di loro stesse e del loro ambiente. Sono consapevoli delle esperienze passate e le usano per informare il comportamento presente e futuro.
  • Gli esseri umani hanno libero arbitrio e fanno scelte consapevoli. Non sono guidati da istinti o unicamente preda di impulsi. 
  • Gli esseri umani hanno obiettivi intenzionali e cercano di creare significato nella vita.
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Carl Rogers

Carl Rogers, insieme ad A.Maslow, è stato molto influente nella fondazione e nella promozione dell'umanesimo ed è considerato uno degli psicologi più influenti del XX secolo.

 

La sua influenza è più sentita nello sviluppo delle sue tecniche terapeutiche centrate sulla persona, ovvero nel modo in cui ha cercato di rendere operativo il principio dell’auto-realizzazione.

 

Questa visione della terapia insiste sul fatto che il cliente stesso è nella migliore posizione per capire le sue esperienze precedenti.

 

Rogers stabilisce tre condizioni per creare un ambiente terapeutico che possa supportare meglio la crescita del cliente.

 

La prima condizione è: 

-un consenso positivo incondizionato, significa che il terapeuta deve affermare il valore del cliente come essere umano e non dovrebbe mai essere giudicante o critico nei suoi confronti.

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La seconda è: 

-la comprensione empatica

Si può definire come la capacità del terapeuta di comprendere l'esperienza, le emozioni e i pensieri del cliente dal punto di vista del cliente anziché da una prospettiva teorica predeterminata.

 

L'espressione «empatia» si riferisce alla capacità di riconoscere e sentire le emozioni degli altri, di mettersi in ​​un'altra scarpa, senza tuttavia rinunciare alle proprie.  

 

La terza condizione è: 

-la congruenza e si riferisce all'autenticità del terapeuta.

 

Rogers credeva che il terapeuta non dovesse essere “distanziato” o tentare di nascondere la sua vera personalità, bensì aperto al cliente in modo autentico.

 

Rogers è pertanto il padre fondatore dell’approccio non-direttivo e centrato sulla persona.

 

La consulenza per Rogers deve svolgersi in un ambiente non giudicante, in cui il terapeuta trasmette al cliente il modello per essere aperto e onesto incorporando lui per primo questi principi/modi di essere con l’altro, incarnando anche capacità di accettazione ed empatia che si riverberano positivamente sul paziente, permettendogli di esprimersi a sua volta genuinamente e offrendo il meglio di sé.  

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L'obiettivo di un approccio basato sul cliente è quello di aiutare le persone a trovare le proprie risposte alle loro domande.

 

Infatti, si chiama terapia non diretta o centrata sul cliente proprio perché il cliente, piuttosto che il terapeuta, dovrebbe trovare le soluzioni.

 

Rogers eliminò il concetto di "paziente", trasformandolo in “cliente”.

 

Per lui non c'è la persona che in modo passivo si affida ad un esperto, ma ci sono due persone (terapeuta e cliente) che, in una condizione di parità, fanno insieme un percorso di crescita (Furiano). 

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Carl Rogers - Biografia

Nacque l’8 gennaio 1902 a Oak Park, nei dintorni di Chicago, in una famiglia protestante di rigida osservanza religiosa, dove non si beveva alcool, non si ballava, non si andava al teatro, non si giocava a carte, non si frequentavano gli amici: piuttosto si lavorava duramente. 

 

I genitori erano entrambi laureati e di buona origine sociale: il padre faceva l’ingegnere civile e la madre la casalinga.

 

Quarto di sei figli, di cui 5 maschi, Carl imparò a leggere prima ancora di andare all’asilo; durante l’infanzia studiò e lesse molto, anche come rifugio alla sua solitudine, tanto da meritarsi il soprannome di “professor Mooney” ricalcante la figura e il personaggio di una serie di cartoni animati allora particolarmente in voga. 

 

Nel 1914, quando Carl aveva 12 anni, la famiglia Rogers abbandonò la città ed acquistò una fattoria a 30 miglia da Chicago; il padre “incoraggiò i suoi figli ad avere occupazioni indipendenti e redditizie, così Carl ed i fratelli allevavano pulcini, agnelli, maiali e vitellini. 

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Nel 1919 il futuro psicologo si iscrisse all’università di Wisconsin, non per studiare psicologia, bensì agraria, con l’intenzione di imparare a gestire ‘scientificamente’ una fattoria.

 

Ben presto abbandonò quest’area di studi in favore della storia e della teologia.

 

Dice Rogers: “da agricoltore scientifico a pastore, quale salto!”.

 

La scelta era probabilmente dovuta all’influenza del prof. Humphrey, insegnante di catechismo, che gli aveva permesso di sperimentare una forma relazionale assolutamente diversa dalla solitudine nella quale era fino ad allora vissuto.

 

Il professore incoraggiava i suoi allievi all’autodeterminazione e si rifiutava di adottare un ruolo convenzionale di leadership. 

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Carl Rogers primo a sinistra.

Frequentando questo gruppo Carl trovò le sue prime, vere amicizie.

 

Nel 1922, con un gruppo di studenti americani, partecipò in Cina ad una conferenza internazionale organizzata dalla Federazione Mondiale degli Studenti Cristiani: la permanenza in Cina, durata oltre sei mesi, permise a Rogers di chiarire a se stesso l’interesse per la religione: 


“…sentivo che certi problemi, il significato della vita per gli individui, mi avrebbero probabilmente sempre interessato, ma che non potevo lavorare in un campo in cui mi si richiedeva di credere in una dottrina religiosa specifica. Le mie opinioni erano già cambiate in modo straordinario, e potevano continuare a cambiare. Mi sembrava che sarebbe stata una cosa orribile “dover” professare una serie di opinioni per poter continuare la propria professione. Desideravo trovare un campo in cui avere la certezza che la mia libertà di pensiero non sarebbe stata limitata”.

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Il viaggio lo aiutò a discostarsi dai principi religiosi fondamentalisti della famiglia, capì che nel mondo vi sono tante religioni.

 

Carl imparò a stare insieme agli altri, a condividere, ad accettare persone e situazioni molto diverse.

 

Di questo parlò per lettera con i suoi familiari, i quali accolsero questa corrispondenza dalla Cina con crescente preoccupazione.

 

Al ritorno si sposò, contro il volere della famiglia, con Helen Elliot e si trasferì a New York per frequentare un Seminario Teologico.

 

Completò gli studi all’Università del Wisconsin e poi si laureò in filosofia alla Columbia University. 

 

“Per i primi otto anni fui completamente immerso nell’esercizio di un servizio psicologico pratico, facevo diagnosi ed indicavo i mezzi di rieducazione per ragazzi delinquenti e ritardati che venivano inviati dai tribunali e dai centri sociali…; fu un periodo di relativo isolamento professionale, durante il quale mio unico interesse era quello di riuscire ad aiutare i clienti. Fui costretto a fronteggiare molti insuccessi, e ciò mi costrinse ad imparare. Avevo un solo criterio per giudicare qualsiasi metodo di trattare con questi bambini e coi loro genitori ed era: “é efficace quello che faccio?”. Mi rendo conto che cominciai allora a sviluppare i miei punti di vista dall’esperienza di ogni giorno”. 

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Nel 1939 pubblicò la sua prima opera: “The Clinical Treatament of the Problem Child” ed iniziò ad insegnare presso l’Università di Stato dell’Ohio.

 

Il contatto quotidiano con i colleghi non fu sempre facile:

 

“Sperimentai per la prima volta come un’idea nuova, che può sembrare a noi luminosa e splendida per la sua potenzialità, possa essere fortemente minacciosa per un’altra persona… Sentivo ad ogni modo che avevo qualcosa da dire e stesi il manoscritto di “Counseling and Psychotherapy” che esponeva quello che, secondo me, era l’orientamento più produttivo da dare alla terapia”

 

Nel 1944 cominciò una collaborazione con l’Università di Chicago, che prevedeva anche l’organizzazione di un Centro di consulenza per gli studenti universitari, dandogli in tal modo la possibilità di continuare, da un lato, la sua ricerca teorica e, dall’altro, di verificarla quotidianamente nel rapporto clinico con i clienti.

 

A Chicago si fermò 12 anni, con grande successo fra i pazienti anche se i colleghi non lo vedevano di buon occhio.

 

Ad esempio l’Istituto di Psichiatria dell’Università apertamente negava ogni forma di collaborazione con Rogers. 

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Nel 1951 dà alla stampa “La terapia centrata sul cliente” che rappresenta una sintesi del suo pensiero.

 

Finalmente l’Associazione degli Psicologi Americani cominciò ad apprezzare, che per molto tempo lo aveva osteggiato, ne cominciò a riconoscere i meriti e ad attribuirgli riconoscimenti ufficiali.

 

Nel 1956 Rogers è nominato presidente dell'American Academy of Psychotherapy; nel 1957 ebbe la cattedra, all’Università de’ Wisconsin, come professore di psicologia e psichiatria. Anche qui tuttavia i colleghi non lo accolsero a braccia aperte. 

 

Con il suo quinto libro, ‘On Becoming a Person’, pubblicato nel 1961, raggiunse una fama tale che si sentì pronto a lasciare gli incarichi accademici per trasferirsi a La Jolla al Western Behavioural Sciences Institute, un’organizzazione non-profit, dove portò avanti le sue ricerche sulle relazioni interpersonali.

 

In seguito si appassionò moltissimo ai gruppi di incontro, imparando il valore della fiducia nella comprensione reciproca che si realizza nei piccoli gruppi.

 

Era la stessa esperienza che aveva avuto come terapeuta negli incontri uno-a-uno che ora veniva trasferita ai gruppi.

 

Egli divenne anche più capace di esprimere i propri sentimenti e la propria vulnerabilità. 

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Cercò anche altri modi di applicare le sue teorie, ad esempio in ambito scolastico e lavorativo, ma anche sociale.

 

Negli anni 70 e 80 viaggiò moltissimo cercando di portare le sue idee sul modo di affrontare le problematiche interpersonali in paesi dove vi erano i conflitti più gravi, quali l’Irlanda del nord, il Sud Africa, la Polonia e la Russia.

 

Nel 1980 pubblicò : ‘A Way of Being’, che contiene fra l’altro una visione illuminata di quello che potrebbe essere il mondo domani.

 

Nel 1985 riuscì a far incontrare i leader di 17 paesi in una conferenza ‘residenziale’, per farli parlare di pace nel mondo e disarmo nucleare. 

 

Rogers morì il 4 Febbraio 1987, quando era stato appena nominato per il Premio Nobel per la Pace, a 85 anni.

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L’APPROCCIO ROGERSIANO

Presentandosi con un curriculum vitae su ‘La terapia centrata sul cliente’, Rogers enumera una serie di ‘scoperte’ che crede di aver fatto, sia relativamente a sé stesso, sia riguardo ai rapporti interpersonali di varia natura.

 

Ecco alcune di queste ‘scoperte’

 

-Occorre avere fiducia nell’intuizione interiore, che non è di natura intellettuale; 

 

-La valutazione degli altri non può essere per noi una guida, semmai un semplice riferimento; 

 

-L’esperienza è la massima autorità, essendo più sicura delle idee; . .

 

-Quando si comunicano pensieri e sentimenti, si risveglia una risonanza molto forte negli altri; 

 

-L’uomo è dotato di una forza costruttiva: quanto più si sente compreso ed accolto, tanto più tende a far cadere le false ‘facciate’ per muoversi in direzione del miglioramento.

 

-Può essere riassunto nella seguente affermazione: “Non dico tutto ciò che penso, ma ciò che dico lo penso davvero”. 

 

-"L'incapacità dell'uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto.” 

 

-“L'empatia vera è sempre libera da ogni qualità diagnostica o giudicante.” 

 

-“Gli individui hanno in sé stessi ampie risorse per auto-comprendersi e per modificare il loro concetto di sé, gli atteggiamenti di base e gli orientamenti comportamentali. Queste risorse possono emergere quando può essere fornito un clima definibile di atteggiamenti psicologici facilitanti.” 

 

-“L'empatia dissolve l'alienazione.” 

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-“Sotto qualunque aspetto noi facciamo di una persona un oggetto − sia mediante lo strumento diagnostico o analitico, sia percependolo impersonalmente in una cartella clinica −, non facciamo che ostacolare le nostre finalità terapeutiche.” 

 

-“La valutazione degli altri non mi serve da guida.” 

Ma Rogers è anche conosciuto per la sua teoria della personalità, che si concentra sul principio della “concezione di sé” (self-concept), ovvero delle percezioni e credenze di una persona su di sé.

 

Rogers credeva che tre diversi componenti costituiscano il self-concept: autodistruzione, immagine di sé e sé ideale .

 

Definiremo ciascuno di questi componenti.

 

Innanzitutto, l' autostima , o l'autostima, è l' insieme delle credenze che abbiamo di noi stessi.

 

Per Rogers, l'autostima è stata fortemente influenzata dall'infanzia.

 

Egli credeva che per una vera e propria autostima di sviluppo, era importante per i bambini ricevere un rispetto positivo e incondizionato.

 

Inclusione positiva positiva è l'accettazione non importa quello che una persona dice o fa e supporta malgrado gli errori e le carenze.

 

Come terapeuta, Rogers ha cercato di dare un atteggiamento positivo incondizionato ai suoi clienti.

 

L'immagine di sé , nel frattempo, è come ci vediamo , come se vediamo di essere attraenti o poco attraenti.

 

E infine, il Sè ideale è la persona che vorremmo essere.

 

I nostri sé ideali hanno adempiuto i nostri obiettivi e ambizioni.

 

Ma l'auto ideale può cambiare nel tempo.

 

Ad esempio, gli obiettivi e le ambizioni che hai oggi possono differire dagli obiettivi e dalle ambizioni che hai tenuto quando sei cinque.

 

Anche se il potenziale di tutti è unico, Rogers ha usato la frase "persona pienamente funzionante" per descrivere tutti gli individui auto-direzionati.

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Via Borgosesia, 63
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+39  388 94 47 902 centrostudires@gmail.com

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Nicola Sensale Psicologo e Psicoterapeuta in Torino

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